IMAGING DELLE SINDROMI DOLOROSE DELLA MANO E DEL POLSO

AUTORI:

Fausto Salaffi1, Marina Carotti 2, Sonia Farah 1, Marco Di Carlo1,

1Clinica Reumatologica-Dipartimento di Scienze Cliniche e Molecolari – Università Politecnica delle Marche,

2Dipartimento di Radiologia, Ospedali Riuniti, Università Politecnica delle Marche,

Introduzione

Le sindromi dolorose loco-regionali della mano e del polso sono un vasto insieme di condizioni cliniche eterogenee la cui diagnostica differenziale è complessa, visto che non esistono “markers” di malattia patognomonici. È pertanto necessaria una approfondita conoscenza delle strutture anatomiche, a cui vanno affiancati un’anamnesi esaustiva, un esame obiettivo completo e, soprattutto, una corretta interpretazione delle lesioni radiologiche elementari (1). Solo dopo aver concluso questa valutazione sarà possibile stabilire il corretto “work-up” diagnostico e terapeutico. 

Le sindromi dolorose loco-regionali del polso e della mano d’interesse reumatologico possono verificarsi come eventi isolati, associarsi in vario modo tra loro, oppure essere secondarie ad altre patologie articolari infiammatorie, quali le artriti e le spondiloartriti, a condizioni degenerative quale l’osteoartrosi, a malattie del connettivo (es sclerosi sistemica) oppure a patologie endocrine (iperparatiroidismo primaria) o a carat- tere granulomatoso (reticoloistiocitosi multicentrica). Il corretto inquadramento diagnostico deve, pertanto, tenere in considerazione vari fattori, ed il trattamento deve essere personalizzato. 

Sebbene la diagnosi delle differenti sindromi si basi, essenzialmente, sulle manifestazioni cliniche, le metodiche di imaging sono fondamentali per confermare il sospetto diagnostico, per definire l’estensione della malattia, per seguirne l’evolutività e per valutare la risposta al trattamento (2). 

La radiologia convenzionale conserva un ruolo centrale e rappresenta, nella maggior parte dei casi, l’indagine di primo livello. La localizzazione e le caratteristiche semeiologiche delle lesioni radiologiche elementari rappresentano aspetti irrinunciabili nello studio del coinvolgimento della mano in corso di malattie osteoarticolari (Figura 1). La quantificazione e lo studio della progressione nel tempo del danno anatomico rappresenta, inoltre, una delle più rilevanti misure prognostiche di evoluzione sfavorevole delle artriti infiammatorie l’arresto della progressione radiologica viene considerato, un obiettivo del trattamento farmacologico (3-5). 

Figura 1. Localizzazione a carico delle articolazioni delle mani e dei polsi delle lesioni radiologiche nelle differenti malattie reumatiche

 

L’ecografia riveste un ruolo di sempre maggior rilievo, non solo nella diagnosi precoce, ma anche nel monitoraggio del processo infiammatorio, del danno strutturale e della risposta alla terapia (6). Lo sviluppo tecnologico e la disponibilità di sonde ad elevata frequenza, capaci di documentare alterazioni anatomiche nell’ambito del decimo di millimetro, la non invasività ed i bassi costi operativi, hanno reso l’ecografia una tecnica fondamentale nell’iter diagnostico dell’artrite reumatoide e dell’artrite psoriasica, soprattutto nelle fasi precoci (7). Nell’ambito delle spondiloartriti, in particolare, l’ecografia può essere considerata la metodica di elezione per lo studio dei tendini e delle entesi, le cui caratteristiche morfologiche e strutturali sono agevolmente valutabili da un operatore esperto (8). L’integrazione con la tecnica power-Doppler, l’indagine spettrale e, più recentemente, l’impiego dei mezzi di contrasto ecografici e delle curve di enhancement contrastografico hanno consentito di ottenere utili informazioni di tipo funzionale e di tracciare un “pattern” vascolare dettagliato e completo della sinovite acuta e cronica. 

La risonanza magnetica (RM) rappresenta una tecnica di notevole utilità nello studio della mano e del polso, e piu’ in generale, dell’apparato osteoarticolare in corso di malattie reumatiche. La sua multiplanarità consente la contemporanea visualizzazione dell’osso, della cartilagine articolare, della membrana sinoviale, dei tessuti molli periarticolari e la presenza di versamento articolare. Nelle fasi pre-radiologiche delle malattie infiammatorie articolari, la RM consente la visualizzazione dell’edema osseo intraspongioso, del versamento articolare, dell’entesite, della capsulite e della sinovite (9,10). La tomografia computerizzata presenta unamarcata superiorità rispetto alla radiologia convenzionale nell’evidenziare le alterazioni osteo-strutturali ed, in particolare, le fini erosioni, l’iniziale sclerosi e la neoproduzione ossea. Essa risulta di notevole utilità nei casi in cui vi siano dubbi nella interpretazione di un radiogramma standard, nello studio di alcune articolazioni difficili da valutare alla radiologia convenzionale, più evidenti nelle fasi tardive delle malattie infiammatorie o degenerative (10,11). Le sindromi dolorose della mano e del polso d’interesse reumatologico possono verificarsi come eventi isolati o associarsi in vario modo tra loro, oppure essere secondarie ad altre patologie articolari infiammatorie, quali l’artrite reumatoide o l’artrite psoriasica, ad artriti microcristalline (gotta e condrocalcinosi), a patologie degenerative quale l’osteoartrosi, a malattie del tessuto connettivo o a patologie dismetaboliche, neurologiche o neoplastiche.

 

Artrite reumatoide

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata dalla presenza di poliartrite simmetrica. La flogosi cronica induce un danno articolare (quasi sempre irreversibile), evidenziabile all’esame radiologico. Le maggiori alterazioni interessano le articolazioni sinoviali dello scheletro appendicolare, in particolare le piccole articolazioni della mano e del piede, il polso, il gomito, le articolazioni gleno-omerale ed acromio-clavicolare, l’anca, il ginocchio e la caviglia. Nello scheletro assiale, le articolazioni della colonna cervicale (specialmente quelle apofisarie ed atlanto-assiali) rappresentano le sedi più colpite, anche se, occasionalmente, vi può essere l’interessamento del tratto toraco-lombare e sacro-iliaco. Meno frequenti ed estese sono le alterazioni delle articolazioni cartilaginee (come le discovertebrali, la sinfisi pubica, l’articolazione manubrio-sternale e le inserzioni ossee dei legamenti e dei tendini), ad eccezione di quelle uncovertebrali della colonna cervicale. Tipico è, inoltre, il coinvolgimento delle articolazioni temporo-mandibolari. L’interessamento articolare delle mani e dei polsi rappresenta oltre il 60% delle manifestazioni all’esordio e quasi il 90% delle localizzazioni in fase avanzata di malattia. A livello delle mani è tipico il coinvolgimento delle articolazioni metacarpo-falangee (MCF) e delle interfalangee prossimali (IFP), mentre le articolazioni interfalangee distali (IFD) sono coinvolte solo occasionalmente ed in minore entità. Le lesioni inziali compaiono, di norma, sul versante radiale della testa metacarpale e della base della falange prossimale della seconda e terza articolazione metacarpofalangea e sui versanti radiale ed ulnare della base della falange intermedia della terza articolazione interfalangea prossimale (6). A carico dei polsi tutti i compartimenti articolari possono essere coinvolti, ma le sedi preferenziali sono rappresentate dall’ articolazione radio-carpica ed il processo stiloideo dell’ulna, con lesioni che possono accompagnare o, addirittura precedere, quelle delle piccole articolazioni delle mani. Anche l’interessamento dell’avampiede 12) compaiono più precocemente sul versante mediale delle teste metatarsali, ad eccezione del V dito, dove è caratteristica e precoce la comparsa di erosioni sul versante laterale della testa metatarsale. La tumefazione dei tessuti molli periarticolari, l’osteoporosi periarticolare e la riduzione dello spazio articolare rappresentano i segni radiologici più precoci in corso di artrite reumatoide (12). La tumefazione dei tessuti molli, per distensione delle capsule articolari, delle borse e delle guaine tendinee, per ipertrofia della membrana sinoviale o per ispessimento dei tessuti molli limitrofi, è generalmente di aspetto simmetrico o fusiforme e all’esame radiologico appare come un aumento della radiopacit. dei tessuti molli, con scomparsa, in corrispondenza delle articolazioni MCF, dell’immagine di radiotrasparenza a “V” fra le teste metacarpali (Figura 2).

Figura 2. La tumefazione dei tessuti molli periarticolari nell’artrite reumatoide mostra un aspetto simmetrico o fusiforme (per presenza del liquido sinoviale intra-articolare ed ipertrofia della membrana sinoviale o per ispessimento dei tessuti molli limitrofi)

 

L’evidenza di osteoporosi dei capi ossei articolari rappresenta un dato relativamente precoce e pressoch. costante nell’ artrite reumatoide. In fase iniziale, a livello delle mani e dei polsi, si manifesta come osteoporosi iuxta-articolare, correlata all’iperemia loco-regionale, indotta dalla flogosi sinoviale. All’esame radiologico si manifesta come assottigliamento della trabecolatura spongiosa, aumento della radiotrasparenza ed ampliamento delle maglie della trama, con trabecole sottili e rarefatte a livello delle estremit. articolari. Ad essa si può associare l’osteoporosi subcondrale, caratterizzata da una sottile banda di radiotrasparenza, che profila il contorno interno della corticale ossea subcondrale, che a sua volta appare assottigliata e può presentare delle piccole soluzioni di continuo, che possono precedere l’erosione marginale (lesioni pre-erosive: aspetto a punto-linea). Nelle fasi tardive l’osteoporosi è solitamente diffusa, anche ai capi ossei non direttamente interessati dal processo flogistico. All’esame radiologico standard, il rilievo della osteoporosi è condizionato dalla tecnica di acquisizione, dalla soggettività della valutazione e dalla entità della consensuale tumefazione dei tessuti molli. La riduzione della rima articolare rappresenta l’espressione radiografica della distruzione della cartilagine da parte del panno sinoviale. Nelle fasi precoci il restringimento della interlinea articolare è uniforme e regolare. La simmetria e l’uniformità del restringimento della interlinea articolare e l’assenza dei fenomeni produttivi consentono una agevole diagnosi differenziale fra l’artrite reumatoide e le altre artropatie infiammatorie e degenerative. Le erosioni corticali sub-condrali, indotte dal panno sinoviale rappresentano il primo segno radiografico diretto e specifico dell’ artrite reumatoide e possono essere precedute dalle lesioni cosiddette “pre-erosive”, caratterizzate da assottigliamento ed interruzioni puntiformi della lamina ossea compatta. L’erosione marginale, dovuta all’invasione del panno sinoviale in corrispondenza di una piccola zona articolare interposta fra il margine esterno della cartilagine articolare e il punto di inserzione della capsula articolare (area “nuda”), viene definita come un difetto circoscritto a margini ben definiti e netti, priva di reazione osteosclerotica (“a colpo d’unghia o “a morso di topo”) (Figura 3). L’evolvere della malattia e la progressiva distruzione della cartilagine jalina e della superficie articolare, dalla periferia al centro, da parte del panno sinoviale, determinano la comparsa delle erosioni centrali dell’osso subcondrale, definite come aree di osteolisi da riassorbimento osteo-strutturale (Figura 4).

Figura 3. Le erosioni corticali sub-condrali rappresentano il primo segno radiografico diretto e specifico dell’artrite reumatoide. L’erosione marginale, dovuta all’invasione del panno sinoviale in corrispondenza di una piccola zona articolare interposta fra il margine esterno della cartilagine articolare ed il punto di inserzione della capsula articolare (area nuda), viene definita come un difetto circoscritto a margini ben definiti e netti, priva di reazione osteosclerotica (erosione a colpo d’unghia o a morso di topo)

Figura 4. Fase erosiva evoluta in corso di artrite reumatoide con estesi riassorbimenti ossei a carico dei capi articolari

 

Le erosioni centrali, unitamente alle sollecitazioni meccaniche, che agiscono sulla superficie articolare, possono costituire una via di diffusione del panno sinoviale nell’osso subcondrale, ove si realizzano ampie aree di osteolisi da riassorbimento osteostrutturale. Per un meccanismo di “decompressione articolare” attraverso la breccia che si è creata per lo sfondamento della lamina subcondrale, il liquido sinoviale può raccogliersi nella cavità ossea che si è creata dalla progressione del panno fino a formare cavità cistiche subcondrali, che, per la loro lenta evoluzione, possono apparire circondate da un sottile orletto sclerotico all’esame radiologico standard (11). Nelle fasi più tardive si associano erosioni compressive da sovraccarico meccanico e riassorbimenti scheletrici da usura, con tipico interessamento delle articolazioni MCF. Il disassamento o la deviazione e il disallineamento parziale (sublussazione) o totale (lussazione) dei capi articolari rappresentano la conseguenza del grave danno articolare e delle lesioni tendinee e capsulo-legamentose e dalle sollecitazioni statiche e meccaniche, che possono dipendere anche da alterazioni funzionali muscolare (Figura 5).

Figura 5. La deviazione ed il disallineamento parziale (sublussazione) o totale (lussazione) dei capi articolari rappresentano la conseguenza del grave danno articolare e delle lesioni tendinee e capsulo-legamentose in corso di artrite reumatoide

 

Nell’artrite reumatoide la deviazione da lussazione e le deformità da alterato allineamento articolare delle dita sono reperti abbastanza abituali. I tipi più frequenti di lussazione sono quelli che interessano le articolazioni MCF, che comportano la tipica deviazione ulnare delle dita e la sublussazione e flessione palmare delle falangi. L’associazione della deviazione ulnare delle dita, con quella radiale del polso determina la deformità a “zigzag” della mano. Le deformità delle dita è secondaria alla iperestensione o flessione articolare obbligata, in seguito alla perdita dell’equilibrio dell’azione dei tendini e della funzione di contenimento delle capsule e dei legamenti. Le deformità più caratteristiche delle dita della mano sono quelle “en boutonnière”, determinata da flessione dell’articolazione IFP associata ad iperestensione dell’articolazione IFD, e quella “a collo di cigno”, da iperestensione dell’articolazione IFP e flessione della articolazione IFD. Meno frequente e la lesione che determina il dito a martello (o dito cadente), da instabilità dell’articolazione IFD, conseguente a rottura della inserzione distale dei tendini estensori. Le alterazioni dell’allineamento articolare del polso possono comparire anche nelle prime fasi della malattia, in rapporto al precoce coinvolgimento flogistico delle numerose strutture capsulo-legamentose e cartilaginee, deputate alla normale congruenza dei capi articolari anatomicamente e funzionalmente complessi, qual è quella del carpo. In particolare, il precoce interessamento dell’estensore ulnare del carpo, associato alla compromissione dei legamenti radio-carpici, determina una caratteristica deformazione del polso, caratterizzata da sublussazione distale e dorsale dell’ulna e deviazione radiale del carpo. La compromissione della fibrocartilagine triangolare del carpo altera la normale concavità del compartimento radio-carpico, con instabilità dell’articolazione stessa. Nell’artrite reumatoide l’esito finale, che interessa prevalentemente le articolazioni MCF e IFP, è rappresentato dall’anchilosi fibrosa e solo occasionalmente da quella ossea. L’anchilosi ossea è molto più frequente a livello del polso, dove l’interessamento di tutti i compartimenti articolari può portare alla fusione delle ossa carpali, con il tipico aspetto della “carpite fondente”. L’ecografia consente di rilevare un’ampia gamma di anomalie in pazienti con artrite reumatoide (13,14) (Figura 6).

Figura 6. A. Scansione dorsale longitudinale dell’articolazione metacarpo-falangea indicativa di sinovite essudativa. Si noti la netta distensione della capsula articolare, il cui contenuto appare omogeneamente anecogeno (asterisco). B. Scansione dorsale longitudinale dell’articolazione metacarpo-falangea indicativa di sinovite cronica. L’immagine ecografica evidenzia la marcata distensione della capsula articolare con segni di proliferazione sinoviale (contenuto ipoecogeno) (cerchio). te=tendine estensore del dito; m=metacarpo; f=falange prossimale

Negli stadi iniziali è possibile evidenziare il versamento articolare, espressione di sinovite, a carattere prevalentemente essudativo (definito come una formazione intra-articolare ipoecogena o anecogena compressibile all’interno dei recessi sinoviali, dislocabile alla pressione del trasduttore e non presenta segnali di flusso al color Doppler), la proliferazione del panno sinoviale (definita come un tessuto intra-articolare ipoecogeno non compressibile all’interno dei recessi sinoviali e non dislocabile alla pressione del trasduttore e che pu. presentare segnali di flusso al color Doppler) (15), la presenza di tenosinovite ed eventuali alterazioni della struttura del tendine, infine, le alterazioni cartilaginee (Figura 7). 

Figura 7. Scansione dorsale longitudinale dell’articolazione metacarpo-falangea. A. Presenza di un modesto segnale power Doppler a livello della fat pad senza altre alterazioni di rilievo. B. Modesta distensione della caspula articolare con presenza di minimo segnale power Doppler. C. marcata distensione della capsula articolare con presenza di proliferazione sinoviale (cerchio) ed intenso segnale power Doppler intra-articolare. te=tendine estensore del dito; m=metacarpo; f=falange prossimale.

L’ecografia può consentire l’accurata documentazione dell’impegno cartilagineo (16-18), evidenziando il progressivo assottigliamento della cartilagine articolare e le irregolarità del profilo dell’osso subcondrale, così come l’ampio spettro delle alterazioni tendinee, quali l’ispessimento, la scomparsa dell’ecostruttura fibrillare, la disomogeneità ecostrutturale e le soluzioni parziali o complete di continuità del tendine. In base alle carattereristiche ecostrutturali del contenuto della guaina tendinea, le tenosinoviti possono essere distinte in: essudative (omogenea anecogenicit. del contenuto della guaina), proliferative (ispessimento della parete della guaina di tipo omogeneo o irregolare, con aspetti vegetanti di forma e dimensioni variabili) e miste. Tuttavia, una delle principali indicazioni dell’ecografia nella pratica clinica, è rappresentata dalla precoce individuazione delle erosioni. Infatti, l’impiego di trasduttori ad alta frequenza e ad alta risoluzione spaziale consente l’individuazione precoce delle erosioni (19), non evidenziabili all’esame radiografico standard (Figura 8).

Figura 8. I quadri ecografici rappresentano diversi tipi di erosioni (frecce) a livello della corticale ossea della testa metacarpale. A. singola microerosione <1mm (freccia). B. erosione modesta<2 mm. C. erosione grande> 2 mm < 4 mm. D. erosione molto grande > 4 mm. m= metacarpo.

L’erosione viene definita come una discontinuità del profilo iperecogeno dell’osso, visibile su due piani perpendicolari. Diversi contributi della letteratura hanno evidenziato come a livello delle articolazioni metacarpo-falangee, l’ecografia sia capace di individuare un numero di erosioni 6 o 7 volte superiore alla radiologia convenzionale in pazienti con artrite reumatoide all’esordio (20,21). L’introduzione della tecnica Doppler e successivamente della sua naturale evoluzione rappresentata da color e power Doppler ha reso possibile lo studio della vascolarizzazione della membrana sinoviale e la differenziazione fra panno attivo e quello fibrotico ed inattivo. Il completamento dello studio power Doppler con l’analisi spettrale consente di differenziare i vasi di origine infiammatoria o legati a fenomeni di neoangiogenesi (tipicamente arteriole a bassa resistenza o vasi venosi), da quelli, normalmente presenti, afferenti alla corticale ossea e al distretto muscolocutaneo (vasi arteriosi ad alta resistenza) (22,23). La più recente introduzione dei mezzi di contrasto ecografici ha migliorato la sensibilità di tale metodica nel valutare l’attività della sinovite ed ha consentito di costruire le curve di enhancement contrastografico, analoghe a quelle ottenute in studi di risonanza magnetica (24,25) (Figura 9).

Figura 9. Paziente con artrite reumatoide. Esame ecografico con mdc (SonoVue). Scansione longitudinale dorsale del polso. Curva di enhancement contrastografico dopo somministrazione di mdc a livello della regione di interesse in corrispondenza della membrana sinoviale e relativi parametri della curva di enhancement contrastografico e dell’area sottesa alla curva.

Ciò risulta di particolare utilità, non solo nella valutazione dell’attività della flogosi articolare, ma anche nella valutazione della risposta al trattamento (26). Infatti, accanto al monitoraggio dell’evoluzione del danno anatomico, la valutazione della risposta alla terapia rappresenta una delle principali applicazioni dell’ecografia (27). I più importanti parametri da considerare, sia nel monitoraggio dell’evoluzione della malattia, che nella valutazione della risposta al trattamento, sono rappresentati dalla distensione della capsula articolare e della guaina tendinea, da sinovite e tenosinovite, dalla tumefazione dei tessuti molli, da edema, dall’alterata ecogenicità dei tessuti molli, dall’alterazione eco strutturale dei tendini, dalla soluzione di continuità del profilo osseo e, infine dall’aumento della per fusione ematica al power Doppler (28). Tuttavia, l’applicazione su larga scala di questa metodica è ancora limitata dalla scarsa conoscenza dei metodi di scoring validati e standardizzati. La risonanza magnetica rappresenta una tecnica di particolare utilità nello studio dell’apparato osteoarticolare, la sua multiplanarità consente una visione d’insieme dell’articolazione, nella quale vengono evidenziati l’osso, la cartilagine articolare, la membrana sinoviale, i tessuti molli periarticolari e l’eventuale presenza di versamento articolare (29). Essa ha dimostrato una maggiore sensibilità rispetto alla radiologia convenzionale, non solo nella precoce individuazione delle erosioni, ma anche nella valutazione dell’edema osseo intraspongioso, della sinovite proliferativa e della tenosinovite (29) (Figura 10).

Figura 10. Paziente con artrite reumatoide. Esame RM. La sequenza T1 pesata in sezione coronale (A) mostra multiple erosioni a livello delle ossa carpali, cui si associa diffuso ispessimento della membrana sinoviale in corrispondenza del carpo e del recesso prestiloideo. Diastasi fra scafoide e semilunare per interessamento del corrispondente legamento scafo-lunato e scivolamento prossimale del capitato. La sequenza T1 pesata in sezione sagittale mostra tilt volare del semilunare, con segni di instabilit. carpale tipo V.I.S.I. per dissociazione scafo-lunata.

Dal punto di vista anatomo-patologico vengono, convenzionalmente distinte tre fasi evolutive: (1) la fase sinovitica pura, caratterizzata ispessimento della membrana sinoviale, con formazione del panno, e versamento articolare; (2) la fase sinovial-cartilaginea, con formazione dell’edema osseo, delle cisti ed erosioni ossee; (3) la fase anchilosante, caratterizzata da anchilosi dei capi articolari, che tendono ad andare incontro a sublussazione o a lussazione permanente. La risonanza magnetica consente di identificare tutte queste alterazioni anatomo-patologiche (30) (Figura 11).

Figura 11. Paziente con artrite reumatoide. RM. Le sequenze T1 pesate prima (A) e dopo somministrazione di mdc paramagnetico (B) mostrano fenomeni erosivi a carico della testa del II e del III metacarpo, con evidenza in tali sede e a livello della II e III articolazione interfalangea prossimale, di proliferazione della membrana sinoviale, che presenta enhancement contrastografico, in relazione a sinovite. Presenza di enhancement contrastografico anche a livello delle erosioni, per la presenza di panno ipervascolarizzato all’interno delle stesse. Modesta sinovite a livello del recesso pre-stiloideo.

 

Dalla ipertrofia della membrana sinoviale (tessuto ipointenso nelle sequenze SE/T1 pesate), con ispessimento e distensione della capsula articolare, alla presenza di versamento articolare (marcatamente iperintenso nelle sequenze SE/T2 pesate e STIR) e alla formazione del panno sinoviale (tenue ipointensit. nelle sequenze SE/T2 pesate e STIR). La risonanza magnetica consente, inoltre, la visualizzazione dell’edema osseo, delle cisti e delle erosioni, facilmente apprezzabili nelle sequenze GE/T1 pesate e meglio enfatizzate dalle sequenze STIR, che consentono di visualizzare la presenza di liquido, marcatamente iperintenso, al loro interno. Infine, le sequenze GE/T1 consentono la visualizzazione delle alterazioni proprie della fase anchilosante, con fusione della filiera carpale prossimale e distale, nel cui contesto si possono rilevare multiple lesioni di natura erosiva (31). L’erosione viene definita come una lesione ossea a margini ben definiti, a localizzazione iuxta-articolare, con tipiche caratteristiche di segnale e visibile su 2 piani di sezione, con interruzione della corticale visualizzabile su almeno un piano, all’interno della quale è possibile visualizzare panno sinoviale attivo, ipervascolarizzato (Figura 10). L’edema osseo, che può, tuttavia essere presente anche in altre condizioni (trauma, artrosi, algoneurodistrofia), potrebbe rappresentare una lesione pre-erosiva e viene definito come un’area a margini mal definiti nell’ambito della trabecolatura ossea, con caratteristiche di segnale compatibili con aumento del contenuto di acqua. Tale lesione può apparire isolata, oppure circondare un’erosione o altre anomalie. Il segnale dell’edema osseo viene incrementato dopo l’infusione endovenosa di mezzo di contrasto paramagnetico, ma in maniera più sfumata ed irregolare rispetto alle erosioni. Lo studio della sinovite rappresenta, senza dubbio, l’aspetto più interessante, in quanto essa rappresenta, l’inizio, almeno morfologico della malattia. Nelle scansioni di base non è sempre agevole differenziare la membrana sinoviale dal liquido sinoviale, l’utilizzo del mezzo di contrasto paramagnetico, non solo consente la distinzione fra i due tessuti, ma anche la differenziazione fra membrana sinoviale attiva, da quella fibrotica ed inattiva. Vi sono essenzialmente tre metodi per lo studio del grado di flogosi della membrana sinoviale: (1) valutazione semiquantitativa del grado di enhancement contrastografico della membrana sinoviale o di parti di essa, confrontando le immagini acquisite, prima e dopo la somministrazione di mezzo di contrasto; (2) valutazione del volume della membrana sinoviale, che presenta enhancementcontrastografico; (3) studio dinamico basato sul calcolodi una curva di diffusione del mezzo di contrasto nella membrana sinoviale, dopo infusione rapida dello stesso. Di estremo interesse risulta infine la “cine risonanza magnetica”, che consente una buona dimostrazione della biomeccanica articolare carpale e delle sue alterazioni, nonchè una adeguata valutazione dei quadri di instabilità dinamica in flessione dorsale o volare, conseguenti alla malattia. I numerosi vantaggi offerti dalla risonanza magnetica, fra i quali, il non utilizzo di radiazioni ionizzanti, la possibilità di valutare contemporaneamente l’attività di malattia e il danno strutturale e la elevata responsività, fa sì che essa possa teoricamente rappresentare una metodica ideale, non solo per la diagnosi precoce (32), ma anche per la valutazione della risposta al trattamento (33). La sempre maggior diffusione di apparecchiature dedicate a basso campo potrebbe rappresentare la soluzione ai principali problemi legati all’utilizzo di apparecchi di risonanza magnetica ad alto campo, quali i costi di acquisto, la scarsa disponibilità di tali apparecchiature per lo studio dell’apparato muscolo-scheletrico, i problemi di claustrofobia e la modesta accettabilità dell’esame in sistemi chiusi da parte del paziente. In un futuro ormai prossimo, quando si saranno raggiunti livelli di standardizzazione comparabili a quelli della radiologia convenzionale, la RM potrà rappresentare il “gold standard”, non solo per la diagnosi ed il monitoraggio della malattia (34), ma anche per la valutazione della risposta al trattamento. Sebbene la tomografia computerizzata sia convenzionalmente utilizzata nello studio delle grandi articolazioni e nella patologia traumatica, è stata recentemente dimostrata l’utilit. di tale tecnica anche nello studio del danno erosivo a carico delle piccole articolazioni nell’artrite reumatoide. La disponibilità di software “open-source” di elaborazione delle immagini DICOM (Digital Imaging and COmmunication in Medicine) rende oggi possibile la gestione dell’imaging medico, attraverso varie metodiche di interpretazione (rendering) e consente di superare difficoltà interpretative, agevolando la corretta valutazione dei casi dubbi (11) (Figura 12).

Figura 12. Paziente con artrite reumatoide. Confronto fra esame radiografico convenzionale (A) ed esame TC del polso destro (B). La ricostruzione MPR sul piano coronale mostra multiple erosioni a carico delle ossa carpali, delle base dei metacarpi e dell’epifisi distale del radio, non apprezzabili all’esame radiografico convenzionale

 

Artrite psoriasica

L’artrite psoriasica è un’artropatia infiammatoria associata alla psoriasi. L’artrite psoriasica può interessare la membrana sinoviale, le cartilagini articolari e l’inserzione ossea dei tendini e dei legamenti sia dello scheletro appendicolare che di quello assiale. Le articolazioni più colpite sono le IFD, le IFP, le MCF e le metatarso-falangee (MTF) delle mani e dei piedi, seguite dal ginocchio e dalla caviglia (41-48). E’ relativamente raro l’interessamento dell’anca e della spalla. Nello scheletro assiale sono prevalenti le alterazioni sacro-iliache e vertebrali. Le alterazioni radiologiche sono rappresentate dalla tumefazione fusiforme dei tessuti molli periarticolari, dal restringimento e dall’ampliamento della rima articolare, dalle erosioni, dalla proliferazione ossea, dal riassorbimento apicale delle falangi distale e dal malallineamento e sublussazione e dall’anchilosi ossea. La tumefazione dei tessuti molli, dovuta ad edema infiammatorio, sinovite e tenosinovite, soprattutto del tendine estensore, è, a differenza dell’artrite reumatoide, disarmonica, asimmetrica e grossolana. La tumefazione a “salsiciotto” dell’intero dito rappresenta il segno caratteristico della dattilite è dovuta all’edema infiammatorio delle parti molli del dito, soprattutto del tendine flessore (Figura 13).

Figura 13. Dattilite in corso di artrite psoriasica. Le scansioni longitudinale e trasversale evidenziano la distensione della guaina dei tendini flessori e della capsula articolare

Lo spazio articolare può essere ridotto o ampliato; in particolare a livello delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi la distruzione ossea marginale e subcondrale può determinare un considerevole allargamento dello spazio articolare. L’osteoporosi non rappresenta una caratteristica preminente dell’artrite psoriasica, sebbene la sua presenza non escluda la diagnosi. Nell’artrite psoriasica le erosioni, inizialmente, predominano in corrispondenza delle aree marginali dell’articolazione assumendo aspetti denominati ad “orecchio di topo”, ma nel corso della loro progressione interessano anche le zone centrali (Figura 14).

Figura 14. Paziente con artrite psoriasica. L’esame radiografico mostra multiple erosioni marginali, con irregolare neo-produzione ossea a carico delle articolazioni metacarpo falangee, interfalangee prossimali e distali. Si associa periostite meta-epifisaria e alle entesi. La concomitanza dei fenomeni erosivi e proliferativi realizzano l’immagine ad orecchio di topo.

Nelle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, la distruzione della testa di una falange può determinare la formazione di una superficie ossea a punta smussa, proiettata verso la superficie espansa della base della falange adiacente, realizzando un’immagine a “matita-ecappuccio” o “coda di pesce” (rispettivamente pencil in cup e fish tail degli autori anglosassoni). Tali alterazioni radiologiche possono essere osservate anche a livello delle articolazioni MCF e MTF. Come nelle altre spondiloartritisieronegative, la proliferazione ossea rappresenta un’evenienza caratteristica in corso di artrite psoriasica. La proliferazione ossea comprende la periostite periarticolare, metafisaria e diafisaria, di tipo lamellare o ondulata, con evidenza di formazioni aguzze o sbavature, soprattutto in corrispondenza delle mani e dei piedi. La periostite può essere mal definita, asimmetrica, irregolare, con aspetto a “spicola” (Figura 15).

Figura 15. La proliferazione ossea rappresenta una evenienza caratteristica in corso di artrite psoriasica. La neoformazione ossea irregolare, mal definita e asimmetrica determina un aspetto a “spicola” a carico soprattutto delle entesi ed a livello metafisario o diafisario

Non è rara la periostite a carico delle estremità delle falangi, ma anche nelle sedi di inserzione dei tendini e dei legamenti, in particolare a livello del calcagno, dei trocanteri e dei condili femorali, delle tuberosità ischiatiche, dei piatti tibiali, dell’olecrano ulnare, della rotula e della tuberosit. radiale e a livello dei sesamoidi. L’osteosclerosi di tutta la falange, da proliferazione periostale ed endostale, unita all’ispessimento trabecolare della spongiosa, si manifersta radiologicamente con un aumento diffuso della radiopacità, con aspetto di falange d’avorio”. Nell’artrite psoriasica, la concomitanza di erosioni marginali e proliferazione articolare realizza l’immagine ad “orecchie di topo” (35) (Figura 14). Il riassorbimento dell’apice delle falangi distali delle mani e dei piedi (acroosteolisi) è un reperto caratteristico dell’artrite psoriasica e può portare alla distruzione di gran parte della falange, e quasi sempre si associa un’alterazione dell’unghia del dito interessato. Nelle fasi tardive si possono avere erosioni compressive da sovraccarico meccanico e riassorbimenti scheletrici da usura, come conseguenza del grave danno articolare e delle lesioni tendinee e capsulo-legamentose. In alcuni casi è possibile osservare malallineamento e sublussazione irreversibili dei capi articolari a livello delle mani e dei piedi. Nelle grandi articolazioni, ma ancor più frequentemente a livello delle mani e dei piedi, si può verificare un’anchilosi ossea intra-articolare, prevalentemente alle articolazioni IFD e IFP. Analogamente all’artrite reumatoide l’ecografia trova indicazione anche nell’artrite psoriasica. I quadri ecografici rilevabili in corso di artrite psoriasica sono sostanzialmente sovrapponibili a quelli dell’artrite reumatoide (11,14). Caratteristico è l’impegno delle articolazioni interfalangee distali, in cui è possible evidenziare la distensione della capsula articolare e l’edema dei tessuti molli periarticolari. Il dito “a salsicciotto” o “dattilite”, che costituisce una delle espressioni più specifiche nell’ artrite psoriasica (36) è caratterizzato ecograficamente da: distensione della guaina dei tendini flessori, distensione della capsula articolare delle articolazioni metacarpo-falangee e interfalangee prossimali, edema flogistico diffuso dei tessuti molli (Figura 16) (37,38).

Figura 16. A. Dattilite. Scansione longitudinale volare. Notare la presenza di tenosinovite, edema dei tessuti molli (cerchio) e presenza di marcato segnale power Doppler. B. Tendine d’Achille. Scansione longitudinale dorsale. Tendinite. Notare la netta ipoecogenicità in corrispondenza del peritenoneo (freccia) con presenza di segnale power Doppler. fi=falange intermedia; fd=falange distale; a=tendine d’Achille; c=calcagno

Spesso si associano quadri di tenosinovite dei tendini flessori, tuttavia la classica tumefazione fusiforme delle dita può essere rilevabile anche in assenza di chiari segni di tenosinovite e/o artrite delle interfalangee prossimali (36). La flogosi a livello dell’inserzione dei tendini, dei legamenti e della capsula articolare all’osso (entesiti) presentano quadri ecografici diversi, in rapporto al diverso stadio evolutivo (39). Nelle fasi iniziali non si evidenziano alterazioni di rilievo a carico del profilo osseo, mentre l’entesi e la porzione contigua del tendine mostrano una riduzione dell’ecogenicità, in relazione all’edema infiammatorio. Negli stadi successivi si evidenziano irregolarit. del profilo osseo nella sede di inserzione, che possono evolvere in ampie aree di riassorbimento osseo. Infine, nelle fasi tardive di malattia, si evidenzia la presenza dell’entesofita, con il caratteristico cono d’ombra posteriore. Nella fascite è possibile osservare, sia l’ispessimento della fascia, che la ridotta ecogenicità del tessuto adiposo perifasciale. L’ecografia può, inoltre, evidenziare la presenza di calcificazioni all’entesi, di una peritendinite o di una borsite, responsabili della sintomatologia dolorosa. L’impegno dei tendini non provvisti di guaina, quali l’achilleo ed il rotuleo, presenta un ampio spettro di espressioni ecografiche (40). La tendinite dell’achilleo si manifesta con ispessimento del tendine, che talora assume un aspetto fusiforme ed una ridotta ecogenicità correlata all’entità ed all’estensione del processo flogistico. Si possono associare quadri di peritendinite, con ipoecogenicità a banda del peritenonio, di edema dei tessuti molli e distensione della borsa retrocalcaneare profonda. L’integrazione con lo studio power Doppler consente di documentare la presenza di un incremento di flusso a livello della giunzione corticale, in relazione all’iperemia flogistica. Anche nell’artrite psoriasica la risonanza magnetica offre un importante contributo, sia nella definizione del pattern di interessamento articolare, che attraverso la misura dell’attività della sinovite. Recenti contributi della letteratura hanno evidenziato come la principale sede di infiammazione sia extrasinoviale e che la sinovite sia secondaria all’entesite. Nell’artrite psoriasica il processo infiammatorio si estende a distanza dalla capsula articolare, coinvolgendo i tessuti molli circostanti con maggior frequenza rispetto all’AR. Sulla base di questi quadri di risonanza magnetica, la sinovite reumatoide sarebbe, quindi una forma primaria, mentre quella dell’artrite psoriasica una forma secondaria all’infiammazione delle entesi. Altre osservazioni suggerirebbero, tuttavia, che l’intensità della sinovite, valutata mediante risonanza magnetica dinamica, appare indistinguibile fra le due forme. Il pattern di risonanza magnetica tipico è caratterizzato da diffuso edema adiacente all’entesi associato ad edema dei tessuti molli circostanti, distensione delle borse adiacenti nelle sequenze T2 pesate con soppressione del grasso, aumento dell’intensità di segnali dei legamenti, dei tendini, dell’osso spongioso e delle borse, nelle sequenze T1 FSE o GRE con soppressione del grasso dopo mezzo di contrasto. La RM con sequenze STIR T2 pesate consente di dimostrare l’edema osseo; tuttavia, mentre nell’artrite reumatoide esso è fortemente predittivo di erosione ossea, ciò non è stato dimostrato nell’artrite psoriasica. Recentemente, confrontando le IFD di pazienti con artrite psoriasica, rispetto a quelli con noduli di Heberden, è stato evidenziato come nell’artrite psoriasica si abbia un maggior enhancement contrastografico a livello delle entesi dei tendini estensori e flessori e dei legamenti collaterali, erosioni a livello delle entesi, flogosi extracapsulare ed edema osseo della falange distale, che spesso iniziava a livello delle entesi.

Artropatia gottosa

L’artrite gottosa è caratterizzata da un coinvolgimento poliarticolare asimmetrico e colpisce prevalentemente i piedi, le mani, i polsi, i gomiti e le ginocchia. La gotta predilige le articolazioni delle estremità inferiori e la prima articolazione metatarso-falangea rappresenta la sede coinvolta nel 75-90% dei pazienti. Raro è il coinvolgimento della colonna vertebrale, dell’anca, della spalla e delle sacro-iliache. Le alterazioni radiologiche sono evidenziabili tardivamente nel corso della malattia ed includono tumefazioni dei tessuti molli eccentriche e lobulate, erosioni osse intra ed extra-articolari, una relativa conservazione dello spazio articolare, apposizione di osso sottoperiostale, calcificazioni intraossee ed alterazioni degenerative secondarie (41). In genere, non si rileva la presenza di osteoporosi. Nella gotta l’ampiezza dello spazio articolare è ben conservata, fino alle fasi tardive della malattia. Negli stadi più avanzati il restringimento dello spazio articolare è frequente e può essere uniforme, simulando l’AR. Le erosioni dell’osso sono causate dai depositi tofacei e possono essere intraarticolari (in genere iniziano dalle aree marginali e procedono centralmente), extra-articolari (a localizzazione eccentrica e frequentemente al di sotto dei noduli dei tessuti molli). Le erosioni gottose generalmente sono circondate da un orletto sclerotico. I riassorbimenti subperiostali, dovuti al riassorbimento per compressione ab-estrinseco da parte del tofo gottoso, si accompagnano a proliferazione periostale sul versante esterno della corticale colpita, con aspetto a “margini aggettanti”, suggestivo dell’artrite gottosa (Figura 17).

Figura 17. Le erosioni in corso di artropatia gottosa sono causate dai depositi tofacei e possono essere intra-articolari (in generale iniziano dalle aree marginali e procedono centralmente), extra-articolari (a localizzazione eccentrica e frequentemente al di sotto dei noduli dei tessuti molli). Il riassorbimento sub-periostale, dovuto al riassorbimento per compressione ab-estrinseco da parte del tofo gottoso, si accompagna a proliferazione periostale sul versante esterno della corticale, assumendo un aspetto a “margini aggettanti”, suggestivo dell’artropatia gottosa

Nelle articolazioni colpite si possono associare alterazioni artrosiche secondarie. Nella gotta si possono osservare calcificazioni intraossee (conseguenza della deposizione di urati), più frequentemente a livello delle mani e dei piedi, calcificazioni sub-condrali o sub-legamentose, sinoviali e capsulari. Recentemente, la letteratura ha mostrato notevole interesse nel confronto tra l’esame ecografico e la tomografia computerizzata a doppia energia (DECT) come metodica di imaging per la diagnosi di gotta. Lo studio mediante l’applicazione della DECT risulta estremamente accurato per rilevare la presenza dei cristalli di urato monosodico e per confermare la diagnosi di gotta o differenziarla dalle altre forme di artrite infiammatoria (Figura 18), sebbene la sensibilità degli ultrasuoni sia risultata superiore. La DECT, inoltre, ha dimostrato una migliore performance, se comparata all’esame del liquido sinoviale nella fase di inquadramento diagnostico, mostrando nei vari studi clinici una sensibilit. pari al 85% ed una specificità pari al 88% (42).

Figura 18. Paziente con artropatia gottosa, Dual Energy CT. Volume Rendering con color overlay per cristalli di urato monosodico. La codifica di colore mostra multipli depositidi acido urico, espressi dal colore verde alla codifica di colore, a livello dei tessuti molli del carpo destro e delle dita delle mani, bilateralmente. Il software consente ilcalcolo del volume totale dei depositi di acido urico.

 

Condrocalcinosi o artropatia da deposito di cristalli di pirofosfato diidrato di calcio

La malattia da cristalli di pirofosfato diidrato di calcio (CPPD) è un termine generico per indicare una affezione caratterizzata dalla formazione e dal deposito intra o periarticolare di cristalli di pirofosfato diidrato di calcio, specie a carico di mani, polsi, gomiti, spalle, anche, ginocchia, caviglie e bacino. Le principali alterazioni radiografiche sono rappresentate da calcificazioni articolari e periarticolari, calcificazione della cartilagine, calcificazioni sinoviali, calcificazioni capsulari, calcificazioni dei tendini, borse e legamenti, calcificazioni vascolari e delle parti molli, riduzione della rima articolare, sclerosi ossea e formazione di cisti, osteofiti e distruzione ossea (41,43). La frequenza delle calcificazioni articolari e periarticolari, dimostrabili radiograficamente è maggiore nel ginocchio, nella sinfisi pubica, nel polso, nel gomito e nell’anca. La condrocalcinosi è più frequente nelle ginocchia, nei polsi (44), nella sinfisi pubica, nei gomiti e nelle anche. Può interessare sia la fibrocartilagine che la cartilagine ialina. La calcificazione della fibrocartilagine è più comune nei menischi del ginocchio, nella cartilagine triangolare del carpo, nella sinfisi pubica, nell’anulus fibrosus del disco intervertebrale e nel labbro acetabolare e glenoideo. Le calcificazioni della cartilagine ialina sono più comuni a livello del polso (Figura 19), ginocchio, gomito e anca.

Figura 19. La calcificazione della fibrocartilagine triangolare del carpo, rappresenta una localizzazione comune in corso di malattia da cristalli di pirofosfato diidrato di calcio (CPPD)

Le calcificazioni sinoviali rappresentano un quadro comune di questa malattia, hanno un aspetto nubecolare e sono più frequenti nel polso, nel ginocchio, nelle articolazioni MCF e MTF. La deposizione di cristalli di pirofosfato diidrato di calcio nelle capsule articolari è più frequente nel gomito e nelle articolazioni MTF. I depositi calcifici si presentano generalmente come linee o bande o aggregati nubecolari di radiopacità variabile, con decorso parallelo rispetto al profilo dell’osso subcondrale, che il alcuni casi possono assumere il caratteristico aspetto “a doppio contorno”. Meno frequentemente si possono osservare calcificazioni a livello delle borse, dei legamenti e dei tendini. Le più comuni localizzazioni delle calcificazione dei tendini, legamenti e borse sono rappresentate da l’achilleo, i tendini del tricipite, il quadricipite, il gastrocnemio, il sovraspinoso e la borsa sottoacromiale. L’artropatia da pirofosfati può comparire anche senza calcificazioni articolari adiacenti o a distanza, ha generalmente distribuzione bilaterale ed è più comune nel ginocchio, nel polso e nelle metacarpo-falangee. Presenta, sotto certi aspetti, caratteristiche simili alla malattia degenerativa articolare, con riduzione della rima articolare, sclerosi ossea e formazione di cisti, ma differisce dalla malattia degenerativa per alcuni aspetti: a) inusuale distribuzione articolare: interessamento, oltre che delle sedi sottoposte a carico, anche di altri distretti, generalmente non coinvolti dall’artropatia degenerativa, quali il polso, il gomito e l’articolazione gleno-omerale; b) formazione di cisti subcondrali: le cisti associate all’artropatia da pirofosfati sono molto numerose, possono raggiungere considerevoli dimensioni, sono tipicamente multiple, a localizzazione subcondrale, raccolte a grappolo e delimitate da margini sclerotici ed indistinti; c) distruzioni ossee gravi e progressive: l’artropatia da pirofosfati si può associare ad esteso e rapido collasso e frammentazione dell’osso subcondrale ed alla comparsa di ossificazioni intraarticolari (questi aspetti ricordano l’artropatia neurogena); d) formazione variabile di osteofiti: in alcuni pazienti si osservano escrescenze ossee larghe ed irregolari attorno alle articolazioni colpite (45). Nel corso degli ultimi anni l’ecografia si è affermata come metodica di imaging nello studio dell’artropatia da pirofosfato di calcio. Accanto alla possibilità di documentare la presenza di depositi, l’ecografia ha il vantaggio di poter rilevare la presenza di segni di flogosi articolare e/o tendinea attraverso lo studio con la metodica power Doppler. L’ecografia può mostrare quadri altamente specifici per la presenza di depositi di pirofosfato di calcio: Le tipiche immagini ecografiche dell’artropatia da cristalli da pirofosfato di calcio sono caratterizzate dalla presenza di spot iperecogeni, che in genere non generano un’ombra acustica posteriore. A livello di polso e di mano i depositi sono documentabili con maggiore frequenza nel contesto della fibrocartilagine triangolare del carpo e all’interno delle cartilagini ialine, come avviene a carico delle teste metacarpali (Figura 20). I depositi di cristalli di pirofosfato di calcio a carico delle cartilagini ialine entrano in diagnosi differenziale con i depositi di urato monosodico. L’ecografia è molto utile a questo fine: se nella gotta i depositi tipicamente rivestono in maniera piuttosto uniforme la superficie cartilaginea, generando una immagine “a binario”, nella condrocalcinosi di converso gli aggregati sono delle quantità discrete evidenziabili come spot iperecogeni all’interno della cartilagine ialina.

Figura 20. Presenza di grossolani depositi di cristalli di pirofosfato di calcio (teste di freccia) a livello della fibrocartilagine triangolare del carpo. B. Presenza di spot iperecogeni di diverse dimensioni nel contesto della cartilagine ialina di una testa metacarpale. Da notare come sia in A che in B i depositi non generano cono d’ombra. t=tendine estensore ulnare del carpo; u=processo stiloideo ulnare; p=osso piramidale; m=testa metacarpale.

 

Artrosi

L’artrosi della mano è una malattia a carattere progressivo: inizialmente pu. essere asintomatica, ma, nel tempo, tende ad aumentare la sua gravità provocando vari disturbi clinici (27,28). Viene definita comunemente artrosi primaria perchè di solito non se ne individua la causa. A volte viene definita secondaria perchè risulta conseguente a traumi o ad attività lavorative caratterizzate da gesti ripetuti (46). L’artrosi può manifestarsi inoltre associata ad altre malattie reumatiche, spesso confuse con l’artrosi primaria, come ad esempio l’artropatia psoriasica o l’artrite reumatoide. Il sintomo principale è il dolore alle piccole articolazioni delle mani o in regione mediale del polso in corrispondenza dell’articolazione trapezio-metacarpale, che si manifesta più intensamente dopo il risveglio e quando l’arto viene sottoposto a sforzi eccessivi. Nei casi più gravi, tale manifestazione è presente anche a riposo (47). L’artrosi è la più comune affezione degenerativa cronica articolare. Lo studio del danno anatomico e la valutazione della progressione nel tempo rappresentano, come nell’artrite reumatoide, un efficace parametro prognostico. Le lesioni radiologiche elementari dell’artrosi consistono in una marcata riduzione della rima articolare, eburneizzazione, formazione di cisti e osteofitosi (48,49). L’artrosi pu. essere complicata da sublussazione, malallineamento, anchilosi fibrosa e formazione di corpi liberi intra-articolari di natura ossea e cartilaginea. Le sedi più comuni di artrosi extra-rachidea sono le articolazioni interfalangee e MCF delle mani, la prima carpo-metacarpale, l’articolazione trapezio-scafoidea del polso, le articolazioni acromionclavicolare e sterno-clavicolare, l’anca, il ginocchio e le articolazioni tarso-metatarsale e metatarsofalangea dell’alluce. Nell’artropatia degenerativa le alterazioni ossee si distinguono in quelle della fase distruttiva, quali l’eburneazione ossea, la formazione di cisti, l’appiattimento e la deformazione, in particolare nel segmento articolare sotto pressione, e quelle della fase produttiva, cioè del rimodellamento progressivo, quali  gli osteofiti. In seguito alla scomparsa della cartilagine articolare, l’osso subcondrale va incontro a vari gradi di cellularità e di ipervascolarizzazione, evidenziabile radiologicamente con l’eburneazione ossea, dovuta alla formazione di nuovo tessuto osseo sulle trabecole preesistenti, particolarmente evidente sulle superfici osse strettamente contrapposte. Le cisti rappresentano un segno importante e vengono definite in vario modo: cisti sinoviali, cisti sub-condrali, psuedocisti subarticolari, pseudocisti necrotiche e geodi. Radiologicamente si manifestano come aree radio-trasparenti circoscritte, a limiti netti e di dimensioni variabili (2-20 mm) e si distinguono dalle altre lesioni radio-trasparenti per la molteplicità, la distribuzione segmentale, la sclerosi circostante e l’alterazione di una articolazione adiacente (49). Gli osteofiti o escrescenze osse, vengono da molti considerati come la più tipica alterazione dell’artropatia degenerativa. L’osteofita può essere marginale (escrescenza a livello dei margini, cioè nei siti dove la cartilagine articolare si continua con la membrana sinoviale e con il periostio, producendo degli “orli” di osso), centrale (escrescenza a livello delle aree centrali dell’articolazione, che produce un profilo “bozzoluto”), periostale o sinoviale (ispessimento periostale, con apposizione ossea, che produco un “rafforzamento”, tipico a livello della faccia mediale del collo femorale, evidenziabile radiologicamente come una linea radiopaca) e capsulare (“orli” di osso che si sviluppano nei siti di inserzione della capsula articolare e dei legamenti articolari) (Figura 21).

Figura 21. Evidenti manifestazioni artrosiche con osteofiti marginali a carico delle articolazioni interfalangee distali, sclerosi subcondrale e riduzione delle rime articolari

 

La progressiva distruzione della cartilagine articolare spiega uno dei tipici segni radiologici dell’artropatia degenerativa: la riduzione della rima articolare. Tipicamente la riduzione della rima articolare è asimmetrica ed è localizzata prevalentemente nelle zone articolari sottoposte a maggior carico (faccia supero-laterale dell’articolazione coxo-femorale e spazio femoro-tibiale mediale del ginocchio). In certe aree tale riduzione può essere diffusa, con interessamento dell’intera articolazione (caviglia e articolazioni intefalangee della mano). L’osteoartrite infiammatoria (erosiva) viene considerata una variante aggressiva dell’artrosi generalizzata, anche se a tuttoggi non vi è accordo se essa rappresenti un’entità nosologica autonoma o se, invece, rappresenti una forma di passaggio di una classica artrosi della mano. L’osteoartrite infiammatoria (erosiva) colpisce soprattutto il sesso femminile in età perimenopausale ed ha generalmente un esordio acuto. Interessa soprattutto le articolazioni interfalangee e, in alcuni casi, anche le articolazioni trapezio-metacarpali e scafo-trapezoidali. Dal punto di vista radiologico l’OAE si caratterizza per le classiche erosioni e pseudocisti centrali e l’osteofitosi centrale e marginale, che realizzano l’immagine ad “ala di gabbiano” (Figura 22).

Figura 22. L’osteoartrite infiammatoria (erosiva) si caratterizza per la presenza di classiche erosioni e pseudocisti centrali e la coesistenza di osteofitosi centrale e marginale che conferiscono all’articolazione un aspetto ad “ali di gabbiano”

 

Le altre alterazioni radiologiche sono rappresentate dalla riduzione della rima articolare, la sclerosi subcondrale, la sublussazione e dislocazione mediale/laterale e l’anchilosi ossea. L’ecografia ha molteplici ruoli nella diagnosi dell’artrosi della mano. Anzitutto è una metodica che permette di documentare in maniera ottimale le alterazioni cartilaginee (Figura 23).

Figura 23: La cartilaine articolare normale appare come una banda omogenea anecogena (A). Nell’artrosi la cartilagine articolare appare ridotta di spessore, con riduzione dello spazio articolare (B).

Attraverso le sonde ad alta frequenza disponibili oggi (superiori a 22 MHz), si riesce a documentare in maniera quantitativa una riduzione dello spessore cartilagineo di dimensioni nell’ordine del 0.1 mm. L’apparenza ecografica della cartilagine ialina normale è quella di uno strato omogeneamente anecogeno identificabile al di sopra di un osso corticale, in cui si possono identificare chiaramente un margine superficiale ed uno profondo.  Esistono diversi sistemi di scoring per documentare le alterazioni cartilaginee. Il più rappresentativo è quello proposto dal gruppo OMERACT in cui si identificano quattro livelli di alterazioni. Le lesioni elementari da ricercare a livello cartilagineo per identificare le alterazioni artrosiche sono la perdita della anecogenicità, la riduzione focale o diffusa dello strato cartilagineo, e la perdita di nitidezza dei margini. Un’altra lesione elementare ottimamente visualizzata con l’esame ecografico è rappresentata dagli osteofiti (Figura 24).

Figura 24. Paziente con artrosi. L’esame radiografico (A e B) e l’esame ecografico ( C) mostrano che gli osteofiti hanno un decorso perpendicolare rispetto allo spazio articolare.

Nel diagnosticare la presenza di osteofiti l’ecografia si è dimostrata superiore sia all’esame clinico che alla radiografia. La possibilità dello studio multiplanare permette la diagnosi anche di osteofiti che non sono documentabili all’esame radiografico. Gli osteofiti vengono definiti come prominenze ossee patologiche presenti su un normale contorno osseo o ai margini di un’articolazione. Per definizione devono essere identificabili su due scansioni ecografiche perpendicolari, possono o no esibire un’ombra acustica posteriore. Analogamente al ruolo che l’ecografia riveste nelle artropatie infiammatorie croniche e nelle artropatie da microcristalli, anche per l’artrosi la metodica power Doppler permette di identificare una fase “infiammatoria” della patologia degenerativa articolare. Infine, ma non da ultimo, l’ecografia può essere utilizzata come guida per l’esecuzione della terapia infiltrativa (eventualmente preceduta da artrocentesi) in strutture di piccole dimensioni come le articolazioni della mano e del polso (50).

 

Sclerosi sistemica

La sclerodermia è una rara malattia del tessuto connettivo, che colpisce vari organi e sistemi, quali la cute, il polmone, il sistema gastro-intestinale, il cuore, i reni e l’apparato muscolo-scheletrico. L’artropatia sclerodermica è stata oggetto di una serie di studi rivolti a definirne la prevalenza, il substrato istologico, le manifestazioni cliniche e gli aspetti anatomo-radiologici. Un interessamento articolare è stato descritto nel 46-97% dei casi di sclerosi sistemica, rappresentando la manifestazione di esordio della connettivite nel 12-65% (52). La sintomatologia è caratterizzata da artralgie e rigidità, a carico soprattutto delle mani, dei polsi, delle caviglie e dei piedi, spesso con distribuzione simmetrica. Le alterazioni sono prevalenti a livello delle falangi distali della mano (53), sebbene in altre sede, quali la mandibola, le coste e la clavicola, siano riscontrate diffuse calcificazioni sottocutanee, calcificazioni periarticolari disseminate e riassorbimento osseo (54) (Tabella I). Durante il decorso della malattia molti pazienti sviluppano contratture in flessione alle articolazioni metacarpo-falangee, alle interfalangee prossimali e distali, ai polsi e ai gomiti per un processo di retrazione delle strutture periarticolari. Le contratture in flessione e gli sfregamenti tendinei, sono più comuni da rilevare alle mani sia all’esordio che durante il decorso della malattia. Al contrario le artralgie (senza artriti) sono più comuni ai piedi. La comparsa di tenosinovite può essere precoce e manifestarsi clinicamente con sfregamenti tendinei, a causa dell’edema e dei depositi di fibrina. Una sinovite è stata documentata istologicamente, in oltre il 66% delle biopsie articolari di pazienti con sclerodermia. A livello della mano le alterazioni radiologiche sono caratterizzate da riduzione di spessore dei tessuti molli della punta delle dita (55), con conseguente aspetto cronico delle stesse, cui frequentemente si associano depositi calcifici nelle sede adiacenti e da acrosclerosi. Queste calcificazioni sottocutanee (calcinosi), sono rilevabili in varie sedi articolari, in particolare alle mani (85%). Esse possono avere un aspetto lineare, punteggiato, o presentarsi in conglomerati costituiti prevalentemente da cristalli di idrossiapatite (Figura 25). 

Figura 25: Voluminose masse calcifiche localizate a carico dei tessuti molli periarticolari in corso di sclerosi sistemica

L’erosione ossea delle falangi distali si verifica nel 40-80% dei casi. Essa inizia in corrispondenza delle porzioni apicali delle falangi ungueali determinando l’aspetto di “penciling”, “sharpening” e, nei casi più gravi si può osservare la distruzione di gran parte o di tutta la falange distale. Raramente i fenomeni di riassorbimento sono stati messi in evidenza a livello della falange media. Oltre al riassorbimento osseo, altre alterazioni radiologiche a carico delle articolazioni interfalangee distali sono caratterizzate da osteoporosi regionale o periarticolare, in assenza di riduzione della rima articolare o di erosioni ossee. Si può associare edema, con ispessimento dei tessuti molli limitrofi. Occasionalmente si possono osservare lesioni erosive a carico delle articolazioni IFD e IFP, con aspetto simile all’artrite psoriasica o all’osteoartrite infiammatoria (erosiva). In corso di sclerodermia si osservare l’interessamento selettivo dell’articolazione trapezio-metacarpale. Le principali alterazioni radiologiche sono rappresentate dal riassorbimento osseo del trapezio e del I metacarpo adiacente, con sublussazione radiale della base metacarpale. Le calcificazioni intra-articolari, le calcificazioni sottocutanee ed il riassorbimento delle falangi distali sono presenti in circa i 2/3 dei casi. Esse sono state descritte fino al 40% dei pazienti affetti da fenomeno di Raynaud primitivo ed in circa il 5% delle altre connettiviti.

Iperparatiroidismo primario

L’iperparatiroidismo primario è una delle malattie endocrine più frequentemente diagnosticate dopo il diabete e le tireopatie. L’iperparatiroidismo primario, insieme alle neoplasie maligne, rappresenta la più comune causa di ipercalcemia. La malattia ossea manifesta, caratterizzata radiologicamente dal riassorbimento sottoperiosteo, dal cranio “sale e pepe”, da cisti ossee e tumori bruni delle ossa lunghe, è divenuta rara, tanto che le radiografie scheletriche non sono routinariamente eseguite in tali pazienti. Sebbene molte sedi scheletriche possano essere coinvolte, la mano rappresenta la sede più frequentemente interessata negli stadi precoci della malattia. Il riassorbimento osseo può essere sottoperiostale, intracorticale, endostale, subcondrale, trabecolare, sottolegamentoso e sottotendineo; si possono osservare anche lesioni localizzate o tumori bruni. Il riassorbimento osseo sottoperiostale è frequentemente localizzato lungo il versante radiale delle falangi delle mani, soprattutto nelle falangi intermedie del 2° e 3° dito e radiologicamente si evidenziano erosioni marginali, con adiacente riassorbimento e proliferazione dell’osso. Le erosioni, che si localizzano ai margini delle articolazioni, possono simulare il quadro dell’artrite reumatoide, ma quasi sempre si associano al tipico riassorbimento sottoperiostale delle adiacenti diafisi delle falangi (56). Esse possono interessare le articolazioni interfalangee distali, si associano ad una rima articolare normale e ad un profilo “ispido” o “merletto” dell’osso delle falangi, fino ad arrivare ad un profilo a spicole. Il riassorbimento intracorticale si evidenzia radiologicamente come striature lineari radiotrasparenti intracorticali, più facilmente osservabili a livello del 2° metacarpo. Tali lesioni possono essere osservate anche nell’acromegalia e nell’ipertiroidismo. Il riassorbimento osseo endostale, più evidente a livello delle mani, si manifesta radiologicamente come difetti lungo il margine interno della corticale ed assottigliamento più generalizzato della corticale. Il riassorbimento osseo subcondrale rappresenta una comune manifestazione in corso di iperparatiroidismo e radiologicamente si manifesta con erosioni subcondrali, indebolimento e collasso dell’osso (57) (Figura 26). Sebbene questo tipo di riassorbimento sia più frequente nelle articolazioni sacroiliache, sternoclavicolari e acromionclaveari, nella sinfisi pubica e alle giunzioni disco vertebrali, anche lo scheletro appendicolare può essere interessato. Il riassorbimento osseo trabecolare nell’ambito dell’osso midollare può coinvolgere tutto lo scheletro. Il riassorbimento dell’osso sottolegamentoso e sottotendineo avviene nella sede di inserzione dei tendini e dei legamenti e si evidenzia radiologicamente con erosioni ossee e formazione di osso a carattere reattivo. Le sedi più frequenti sono le tuberosità ischiatiche, omerali, i calcagni e gli estremi distali delle clavicole. I tumori bruni, che rappresentano accumuli di tessuto fibroso e di cellule giganti, appaiono radiologicamente come immagini radiotrasparenti singole e multiple, ben demarcati o scarsamente definiti, a sede eccentrica o centrale, con interessamento sia dello scheletro assiale che appendicolare (58) (Figura 26).

Figura 26. Diffuso riassorbimento osseo sotto-periostale, erosioni marginali. riassorbimenti subcondrali e tumori bruni.

 

Reticoloistiocitosi multicentrica

La reticoloistiocitosi multicentrica è una rara malattia multisistemica ad eziologia sconosciuta, che si manifesta più frequentemente nelle donne, attorno ai 50 anni, caratterizzata da lesioni eritemato-nodulari localizzate a livello della cute, delle mucose e del tessuto sottocutaneo. La prevalenza della malattia non è nota. La reticoloistiocitosi multicentrica si presenta con un processo poliartritico simmetrico, progressivo e destruente con una predilezione per le articolazioni interfalangee distali delle mani nel 50% dei casi (Figura 27). Occasionalmente, sono state descritte manifestazioni a carico del tessuto muscolare, dell’apparato cardiovascolare e dei polmoni. I sintomi tendono a regredire spontaneamente, di solito, dopo sei/otto anni dalla diagnosi. Tuttavia, vista l’elevata frequenza di complicanze invalidanti dovute all’artrite ed ai danni estetici a cui può condurre l’interessamento cutaneo, è indicato iniziare terapie immunosoppressive all’esordio, dopo avere escluso la presenza di un’eventuale neoplasia. Di notevole importanza clinica è, infatti, la frequente associazione della reticoloistiocitosi multicentrica con patologie tumorali come il melanoma, il carcinoma della mammella, dello stomaco, del polmone, dell’ovaio, del colon, del pancreas e con patologie non tumorali quali: tireopatie, diabete mellito e tubercolosi. La diagnosi differenziale delle lesioni radiologiche a carico delle interfalangee distali si pone con la l’artrite psoriasica, l’artrosi nodale,l’osteoartrite erosiva, la sclerosi sistemica, e la malattia di Paget (Figura 27).

Figura 27. Diagnosi differenziale delle lesioni radiologiche a livello delle interfalangee distali (IFD)

Punti chiave
  1. Le sindromi dolorose loco-regionali della mano e del polso e sono un vasto insieme di condizioni cliniche eterogenee la cui diagnostica differenziale è complessa. È pertanto necessaria una ottimale conoscenza delle strutture anatomiche, a cui vanno affiancati un’anamnesi esaustiva, un esame obiettivo completo e soprattutto una corretta interpretazione delle lesioni radiologiche elementari.
  2. Tali sindromi possono essere classificate per meccanismi patogenetici (ad esempio infiammatorie/degenerativo-meccaniche) o, più semplicemente, per regione anatomica.
  3. Sebbene la diagnosi delle differenti sindromi dolorose loco-regionali della mano e del polso si basi es- senzialmente sulle manifestazioni cliniche, le metodiche di imaging sono fondamentali per confermare il sospetto diagnostico, per definire l’estensione della malattia, per seguirne l’evolutività e per valutare la risposta al trattamento.
  4. L’interessamento articolare delle mani e dei polsi rappresenta oltre il 60% delle manifestazioni all’esordio e quasi il 90% delle localizzazioni in fase avanzata di malattia in corso di artrite reumatoide. L’artrite psoriasica può interessare la membrana sinoviale, le cartilagini articolari e l’inserzione ossea dei tendini e dei legamenti sia dello scheletro appendicolare che di quello assiale. Le articolazioni colpite a carico delle mani sono le articolazioni interfalangee distali e prossimali e le metarcarpo-falangee.
  5. La malattia da cristalli di pirofosfato diidrato di calcio è affezione caratterizzata dalla formazione e dal deposito intra o periarticolare di cristalli di pirofosfato diidrato di calcio, specie a carico di mani e polsi. La gotta (malattia da deposio di critalli di urato monosodico), sebbene privilegi il coinvolgimento della prima articolazione metatarso-falangea (coinvolta nel 75-90% dei pazienti) può coinvolgere mani e polsi. Un interessamento articolare è stato descritto nel 46- 97% dei casi di sclerosi sistemica. La reticoloistio- citosi multicentrica è una rara malattia multisistemica caratterizzata da una poliartrite destruente con una predilezione per le articolazioni interfalangee distali delle mani nel 50% dei casi.
  6. Le sedi comunemente coinvolte nell’artrosi extra-rachidea sono le articolazioni interfalangee e MCF delle mani, la prima carpo-metacarpale e l’articolazione trapezio-scafoidea del polso
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